I disturbi del comportamento alimentare.
I disturbi alimentari rappresentano ormai una vera e propria epidemia sociale. In Italia coinvolgono più di tre milioni di persone, soprattutto di sesso femminile, il 10% delle ragazze tra i 12 e i 25 anni. Sono disturbi molto complessi e multidimensionali, e per affrontarli è necessario tenere conto delle varie componenti che contribuiscono all’insorgenza e al mantenimento dei sintomi. Sono infatti coinvolti fattori organici, psicologici, emotivi, percettivi, relazionali, familiari e socioculturali.
Per quanto riguarda questi ultimi, che contribuiscono soprattutto a dare forma al disturbo, è innegabile l’influenza esercitata dal nostro ambiente per quanto riguarda la preoccupazione nei confronti di cibo, peso e forme corporee. Il nostro contesto socioculturale offre molteplici stimoli al consumo di cibo, ma al tempo stesso idealizza la magrezza e disprezza l’eccesso di peso. L’industria della pubblicità, della dieta e della moda, il mondo dello sport, spesso propongono modelli irrealistici e irraggiungibili, non compatibili con la salute. L’industria della dieta promette il massimo risultato con il minimo sforzo in tempi brevissimi, senza curarsi di ciò che accade poi nel lungo periodo.
Ma l’epidemia di disturbi alimentari non dipende solo dal contesto socioculturale, sono infatti determinanti fattori familiari e individuali. Tra questi ultimi in particolare la tendenza al perfezionismo con forte autocritica, la difficoltà nel riconoscimento, nella regolazione e nell’espressione delle emozioni, una bassa autostima, standard troppo elevati, una forte tendenza al controllo, eccessiva attenzione al giudizio degli altri, impulsività. Le persone con disturbi alimentari tendono a giudicare il proprio valore personale quasi esclusivamente sulla base della loro alimentazione, peso e forme corporee e sul grado di controllo che riescono ad esercitare su di essi. L’ideale di magrezza proposto dal contesto socioculturale viene interiorizzato e si viene a determinare una vera e propria ossessione per la propria immagine corporea, con ricerca continua di segni di imperfezione in se stessi. Il corpo tende a essere considerato come un pezzo di pongo al quale si può dare la forma preferita, attraverso controllo e forza di volontà.
I disturbi alimentari sono visti sempre più come un continuum con fasi diverse di espressione dei sintomi in base alla prevalenza di alcune dimensioni rispetto ad altre, per esempio il controllo nell’anoressia e l’impulsività con perdite di controllo nella bulimia. Sono presenti molti elementi condivisi tra i disturbi e sono molto frequenti i passaggi da un disturbo all’altro nel corso della vita.
I disturbi più diffusi e conosciuti sono:
– Anoressia, caratterizzata dalla restrizione dell’alimentazione con rifiuto di mantenere un peso corporeo nella norma e dalla intensa paura di ingrassare anche se si è sottopeso.
– Bulimia, caratterizzata da abbuffate con perdita di controllo con comportamenti compensatori come il vomito, l’uso di diuretici e lassativi, attività fisica intensa.
– Disturbo da binge eating (BED), spesso associato ad obesità, caratterizzato dalla presenza di abbuffate con perdita di controllo senza inappropriati comportamenti compensatori sistematici.
A questi disturbi più diffusi si aggiungono vecchi e nuovi disturbi alcuni dei quali in aumento. Per esempio:
– Disturbo da ruminazione, caratterizzato dal rigurgito del cibo che viene poi rimasticato.
– Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo, caratterizzato da evitamento del cibo, paura delle conseguenze dell’alimentazione, perdita di peso.
– Vigoressia, ossessione per il tono muscolare, paura di non avere muscoli a sufficienza.
– Pica, caratterizzato dall’assunzione di sostanze non commestibili.
– Chewing and splitting, masticare e sputare il cibo.
– Drunkoressia, restringere la quantità di cibo per poter aumentare l’assunzione di alcolici, soprattutto nel fine settimana.
– Ortoressia, ossessione per il cibo sano.
Per quanto riguarda il trattamento, è di fondamentale importanza per un buon esito della terapia una presa in carico precoce. Ciò spesso è reso difficile dalla scarsa consapevolezza di malattia e dalla scarsa motivazione al trattamento e al cambiamento. E’ molto utile il coinvolgimento della famiglia, risorsa di primaria importanza soprattutto quando la paziente è molto giovane. L’approccio deve essere multidimensionale e interdisciplinare, attraverso la collaborazione e la creazione di un linguaggio comune tra tutti gli operatori che si occupano delle varie dimensioni del caso: psichiche, internistiche, nutrizionali, familiari, relazionali e socioculturali. Di fondamentale importanza è il lavoro sulla regolazione delle emozioni, per il quale sono molto efficaci tecniche come la mindfulness e il mindful eating.